Lettera aperta 2019 di Lobsang Sanghye

Le età della storia ricalcano un poco le età della vita

Vi ricordate le domande dell’infanzia?

Chi sono, da dove vengo, dove vado e chi sarò, etc.?

Poi, nell’adolescenza sorsero altre domande: la vita ha un senso? Come posso realizzarmi? Come trovare me stesso/a? Cercare Dio e quale?

Ma il tempo ha portato via anche queste domande ed anche la terza e la quarta età incalzano, con nuove inquietudini. Cosa è rimasto del mio vissuto, delle persone che non ci sono più, cosa ricordare?

Allora le parole di Buddha cominciano a bussare alla porta del cuore. Ognuno di noi non è altro che il proprio vissuto. Quelle persone che non ci sono più, proprio loro, hanno determinato la nostra vita, le nostre scelte in definitiva ciò che siamo. Per loro abbiamo agito, per avere il loro amore, il nostro posto nella vita. Mentre avanziamo nella nostra età matura si fa strada un sentimento: siamo rimasti soli. Ormai a chi possono interessare le scelte che ancora bussano alla nostra porta? I figli hanno la loro vita, così i nipoti; come possono appassionarli le nostre questioni, le nostre scoperte? L’età matura ci porta smarrimento e solitudine. Quali parole potranno consolarci?

Ma smarrimento e solitudine non ci hanno forse accompagnato per tutta la nostra vita insieme all’inquietudine che non ci ha mai lasciato?

L’insegnamento di quell’uomo duemilacinquecento anni fa, che a trentatré anni conquistò lo stato di risvegliato ci racconta della sua esperienza personale, dice a tutti noi, giovani o vecchi, come liberare questo pesante fardello dell’ego.

Ad ogni modo, i giovani di ieri e di oggi, cercano risposte semplici a problemi esistenziali; ecco allora il guru, lo psicologo, un po’ di spiritualità, un pensiero zen o reiki e tanti consigli sulla consapevolezza. Con una certezza, che non lasceranno alcuna traccia nella più difficile età avanzata, né li aiuteranno ad essere più felici.

Ecco allora il punto.

Buddha ha esposto un difficile sentiero, senza dei, senza pregiudizi, senza altro supporto che il “logos”, l’intelligenza umana e l’osservazione attenta ed accertante. Questo approccio alla coscienza è scientifico nel senso moderno della parola (P.G.Odifreddi), è affidabile.


Dopo i buddhismi, neo-buddhismo e cattolicesimo sociale.

Negli ultimi anni si sta facendo strada l’idea che del buddhismo di tipo tradizionale di altri paesi dovremmo mettere da parte le ideologie, i molti, troppi, commentari e raccogliere l’essenza dei sutta, dell’Abhidharma, della via di mezzo di Nagarjuna.

Dopo i vari buddhismi tradizionali che lentamente vanno perdendo interesse perché non hanno voluto o potuto, relazionarsi con la cultura occidentale ormai dominante, è inevitabile un neo-buddhismo riformato.

Noi diciamo che è inevitabile, dopo i molti buddhismi, un neo-buddhismo che si ricongiunga al grande sforzo di conoscenza del buddhismo dell’800 europeo, che ha portato alle traduzione dal Pali dei Sutta e dell’Abhidharma della London Pali Society sotto la guida di Mrs C.A. Rhys Davids a quelle dello studio dei contenuti buddhisti all’interno del Mahabharata dell’italiano M. Kerbaker (Leggende buddhistiche del Mahābhārata (1900) ) fino a E.Husserl che così bene colse le idee per una fenomenologia pura, ovvero la psicologia senza psiche  e senza dogmi dell’Abhidharma ed infine di A.Schopenhauer.

Di questo nostro sforzo di conoscenza sono rimaste ben poche tracce nel movimento New Age, spiritualità e mercato , il Novecento è stato assai lontano dal “logos” originario della predicazione di Sakyamuni.

Anche il vasto movimento nato attorno ai monaci tibetani esuli dal loro Paese invaso, dopo un periodo di grande vitalità, non è stato in grado di uscire dalla propria visione ‘etnica’, si è ripiegato su se stesso, nonostante gli sforzi del Dalai Lama. Di fronte alla sfida della scienza ben pochi Lama sono stati in grado di essere punto di riferimento per un risveglio spirituale dell’occidente.

Le scuole  Zen, più reattive culturalmente, sono poi diventate spesso supporto per ideologie efficentiste all’interno delle logiche di mercato.  

Tutto questo è passato e poco o nulla è cambiato.

Non c’è da stupirsi se qualcuno parla già di “Dopo il buddhismo”.

Non vedete i cambiamenti in atto?

Sono radicali, in ogni campo. Anche la Chiesa sembra avere già individuato il nuovo spazio nel mondo, con l’impegno sociale, i valori dell’accoglienza, della “umanità”e infine della interdipendenza universale. Papa Francesco sembra aver abbandonato l’indifendibile, ovvero, la teologia cristiana, la storicità delle origini, i molti dogmi introdotti nei secoli passati, di fatto retaggi di derivazione pagana. Francesco sta guardando avanti fra molte difficoltà.

Il Buddhismo originario, ed il primo Mahayana, con il loro richiamo al “logos”, alla ragione ed alla esperienza diretta, saranno sempre più apprezzati perché verranno a colmare il vuoto lasciato dalla teologia cristiana tolemaica ed aristotelica, francamente non più proponibili. Il tentativo di Ratzinger di riaffermare un logos cristiano, fallì a Ratisbona. Un logos cristiano, veramente cristiano non è mai esistito, una fede cristiana sì!

L’ontologia buddhista (Sunhya) è già fondamento filosofico accreditato dall’occidente, si veda “Il pensiero astratto” di Lobsang Sanghye edito dalla Psiche.

Sarà ancora lo zero (sunya) e l’ infinito che sono in noi, a muovere questo mondo globale verso cambiamenti inevitabili e difficili. Le povertà nuove, il clima, le guerre, la fame ci stanno cambiando, tutto intorno a noi ci sta cambiando. Occorrerà più scienza non meno scienza , più responsabilità personale, più coscienza sociale e più interdipendenza .